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Bersani: "Per la scelta del segretario sovranità agli iscritti" 1 LUGLIO 2009

Pierluigi Bersani (ANSA / CLAUDIO ONORATI / DBA)

PILLOLA POLITICA / Il caso Serracchiani scopre il nervosismo precongressuale del Pd

"Dai nostri archivi"

Dopo il no a Grillo il caso tessere gonfiate: Pd nel caos

D'Alema: "Berlusconismo in fase estrema e di declino"

Gordon Brown: "Potrei mollare tutto"

Referendum: come cambierebbe il sistema elettorale

Pdl in tensione tra congresso ed elezioni di giugno

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2009-07-22

 

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2009-07-22

Correrà per la guida del partito nella regione

Rutelli: troppo a sinistra, così siamo fritti

Pd, anche Englaro nella battaglia

candidato in Lombardia con Marino

di GIOVANNA CASADIO

Pd, anche Englaro nella battaglia candidato in Lombardia con Marino

ROMA - Il risiko è già cominciato. Nel conto alla rovescia verso il congresso del Pd - che la direzione ieri ha formalmente confermato l'11 ottobre - parte la gara per le segreterie regionali. Una corsa ad accaparrarsi i nomi che possono trainare elettori alle primarie da parte di Franceschini, Bersani e Marino. Una sfida tra le stesse correnti che sostengono i tre candidati alla leadership democratica per piazzare candidati di fiducia, che poi pesino nell'assemblea dei mille. Se né Franceschini, né Bersani, né Marino raggiungessero il 50% alle primarie, sarà infatti quell'assemblea ad avere la parola definitiva.

Ma a sorpresa e in extremis Renato Nicolini, l'ex assessore inventore dell'Estate romana, annuncia su Facebook di essere pronto a candidarsi anche lui alla leadership democratica: "In questo partito manca il ritmo giusto. L'obiettivo non è vincere (anche se perché no...) ma dare voce alla cultura e all'arte". Ci sono ancora due giorni di tempo per presentare le 1.500 firme necessarie. Gli sfidanti alla segreteria nazionale potrebbero quindi essere cinque, con Mario Adinolfi e Nicolini appunto.

Va delineandosi intanto la mappa dei nomi in corsa per le segretarie regionali. Beppino Englaro sarà candidato - sponsor Ignazio Marino - alla guida del Pd in Lombardia. Proposta partita da Michele Meta. Sì di Beppino, simbolo delle battaglie bioetiche dopo il caso della figlia Eluana per 17 anni in stato vegetativo: "Offro tutta la mia disponibilità". In Lombardia dovrà vedersela con Maurizio Martina, uomo di Bersani e forse con Emanuele Fiano. Martina ci tiene a far arrivare subito il suo attestato di stima a Englaro: "Con lui bel confronto in Lombardia, sarà un arricchimento".

Sempre il chirurgo-senatore ha pensato a Felice Casson per la segreteria del Veneto, nel Lazio a Ileana Argentin. Proprio in questa regione la situazione si ingarbuglia, perché a Roberto Morassut, candidato in quota Franceschini, alcuni della stessa corrente avrebbero preferito David Sassoli, eurodeputato. Fioroni dà l'alt: "Sassoli sta a Strasburgo".

Franceschini ha scelto Sergio Cofferati per la corsa alla segreteria ligure: l'ex sindaco di Bologna, ex sindacalista Cgil, ora deputato europeo accetta. La eurodeputata Debora Serracchiani correrà alla guida del Pd in Friuli. Maretta in Piemonte per la segreteria e per la ricandidatura di Mercedes Bresso a "governatore" nel 2010.

A tenere alta la fibrillazione sono altre due questioni: il tesseramento e l'avvertimento di Francesco Rutelli che ieri su Europa ha scritto: "Se il Pd accetta di essere sistematicamente definito "la sinistra", più che bollito è fritto. Qualificarlo così è un favore a Berlusconi, è come il rospo nell'acqua calda che si ritrova cotto". Sul tesseramento non ci sono ancora i dati definitivi ma le polemiche sì: oltre 650 mila le tessere previste. Con boom a Roma e in Campania. A Roma si è passati da 7 mila a 30 mila tessere. Ma qualcuno parla di incrementi sospetti: nel circolo di Corviale da meno di 100 si è passati a 450. Lazio e Campania insieme avrebbero raccolto 200 mila tessere; 50 mila in Calabria; 120 mila in Emilia.

(22 luglio 2009)

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-07-22

Marino sceglie il viola per il suo logo

di Mariagrazia Gerina

"Come è andata? Ho parlato più dei cinque minuti che mi avevano dato?", chiedeva alla sua assistente, appena un mese fa, scendendo dal palco del Lingotto dove era appena stato promosso sul campo "terzo uomo".

A un mese dall’outing come leader politico, quell’ossessione, molto poco italiana, per la brevità e la precisione, a Ignazio Marino è rimasta addosso. Trenta minuti e non di più si è dato per "il" discorso con cui presenterà domani, alla Camera del Lavoro, a Milano, la sua candidatura a segretario nazionale del Pd.

E in queste ore lavora di bisturi finché tutto ciò che ha da dire al partito e al paese non entrerà in quel termine. Dalla battaglia sul merito a quella sui diritti civili, dall’idea di un partito che consulta gli iscritti a quella di un paese che sappia rimettersi al passo con i tempi. Lo slogan che campeggerà alle sue spalle, c’è già. Coniato con un esercizio di stile: suggerire l’idea del cambiamento (il "change" di Obama) senza usare l’aggettivo "nuovo". Assolutamente bandito. "Vivi il Pd, cambia l’Italia", dunque.

Ovvero, prima di tutto: è possibile cambiare il Pd, trasformarlo in uno spazio aperto alle persone. E poi: la qualità del partito determina la qualità del cambiamento che si vuole imprime al paese. Il succo di quello che Marino dirà a Milano domani. Condensato anche nella forma del logo. Una freccia veloce che esce da un cerchio, tracciando, come fosse un elettrocardiogramma, una "emme", che discretamente rimanda al nome del candidato. Colori choc. Verde, acido e non Pd. Viola, assolutamente inusuale in politica. "Volevamo essere contemporanei e usare forme, verbi e metafore che rimandano alla vita", spiega Paolo Guarino, di Dgg, ex Running (l’agenzia di Velardi) che sta lavorando alla campagna di comunicazione.

Le parole chiave le scandirà domani il candidato. Laicità, certo. Ma non solo. Nel discorso al Pd e all’Italia Marino parlerà di tutto, di ambiente e sanità "come motore dello sviluppo": "ma bisogna ripensare professionalità, tecnologie e risorse". Di lavoro. E soprattutto di merito. "Se vogliamo essere credibili dobbiamo cominciare dalla politica". Quindi: "Basta con le ingerenze nella Asl e nelle aziende pubbliche. Basta con le liste bloccate". Recita così il discorso che sta limando in queste ultime ore, con l’aiuto anche di Bettini.

Anche se il grosso del lavoro - per mettere insieme i contributi, da Felice Casson a Ivan Scalfarotto - l’ha fatto il piombino Civati. Che, coordinatore del programma - secondo la scaletta -, salirà sul palco milanese subito prima di Marino. E con qualche malumore di troppo. Per come sono andate le cose in queste settimane. All’origine di tutto quell’uscita sul presunto stupratore, il Pd e la questione morale. "Non ero nemmeno stato consultato".

Il passo indietro di Chiamparino. La presenza "ingombrante" di Michele Meta, il coordinatore scelto su suggerimento di Bettini. "La sottovalutazione della nostra rete: se dobbiamo fare il partito di Englaro da una parte e Meta dall’altra non ci sto", dice Civati che sul suo blog parla della "mozione dei delusi", dentro ci sono i sindaci di Firenze e di Torino. Magari sta pensando di iscriversi anche lui?

22 luglio 2009

 

 

 

Englaro in campo per la Lombardia

di Rinaldo Gianola

Scendo in campo, ho accettato l’invito di Ignazio Marino di candidarmi alla segreteria regionale della Lombardia del Pd. Ho scelto Marino per il suo valore, perché rappresenta, per me, un modo nuovo, semplice e diverso di fare politica. Eccomi qua, anch’io faccio squadra". Peppino Englaro, il papà di Eluana, si è iscritto al Pd alla sezione di Lecco Pescarenico.

Proprio lui che ha sempre rivendicato e difeso la sua fede socialista è entrato nella nuova casa dei progressisti. Una casa ancora in costruzione, con tanti problemi, ma che merita un forte sostegno. Englaro ha deciso di appoggiare Marino nella corsa alla segreteria nazionale. E adesso ha accettato il primo impegno.

Cosi ci spiega al telefono: "Marino mi ha chiesto di dargli una mano, di candidarmi alla segreteria della Lombardia del partito. Se posso dare il mio contributo io ci sto, non mi tiro indietro. Penso che ci sia bisogno di tanto impegno e di tanto lavoro da parte di tutti. Ho una grande stima per Marino e lo sosterrò, Senza togliere nulla, per carità, altri altri candidati che sono tutti di valore".

Un’adesione a Marino solo per la posizione sulla bioetica del chirurgo? "No - replica Englaro - Tutti insistono solo sulle questioni bioetiche che, intendiamoci, sono importantissime. Ma Marino si occupa di tutto a 360 gradi, la sua politica si vuole occupare di tutti i problemi. Io l’ho scelto perchè è una persona coraggiosa, la sua visione politica va oltre i limiti. Questo mi piace".

La candidatura di Englaro per la mozione Marino in Lombardia, regione governata e dominata dal centrodestra, è un segnale che può scuotere e vivacizzare il dibattito interno al Pd che, dopo le recenti sconfitte elettorali, cerca strade e uomini nuovi per uscire dalla crisi. Il confronto è già iniziato. Proprio ieri il segretario regionale in carica Maurizio Martina ha fatto sapere di volersi ripresentare, mentre si sta scaldando anche il parlamentare Emanuele Fiano.

Ettore Martinelli, avvocato e consigliere comunale Pd, è il coordinatore della mozione Marino in Lombardia: "La proposta di candidare Englaro è il vero segnale di discontinuità, di novità rappresentato dalla mozione Marino. È il segno chiaro della laicità, dei diritti, della società aperta. Noi proponiamo Englaro nella regione di Bossi e Berlusconi, dove Formigoni nomina il ciellino Cesana al vertice della Mangiagalli. Questa è la nostra sfida".

22 luglio 2009

 

 

Enrico Letta: "Il Pd vince solo con Udc"

di Andrea Carugati

Io con il candidato in continuità col Pci-Pds-Ds? Ma se Cofferati dice che appoggia Franceschini perché è più di sinistra di Bersani!". Enrico Letta non ha dubbi: "Bersani parte dalla discontinuità con questi 20 mesi, dopo due sconfitte non vedo come si possa fare diversamente".

Perché non si è candidato?

"Non era il momento della testimonianza. Questo congresso è l’ultima occasione per il Pd. Abbiamo toccato il fondo, quel 26% non è sotto il fondo solo per la festa di Casoria che ha limitato la nostra emorragia e tolto voti al premier".

Come è partito questo congresso?

"Col piede giusto perché ci siamo mescolati: stavolta stiamo giocando tutti la scommessa del Pd fino in fondo, senza freno a mano".

È il solito derby D’Alema-Veltroni sotto altre spoglie?

"Macché, conosco bene Bersani e Franceschini, sono tra i migliori dirigenti che abbiamo, nel pieno della loro maturità politica".

Quali sono le differenze reali tra voi e Franceschini?

"Bersani dimostrerà nei fatti la sua carica di innovazione, modellerà un partito con i piedi piantati nel territorio e non evanescente. Un Pd che non si fa prendere a sputi da qualunque Di Pietro o Grillo. La seconda differenza è la vocazione maggioritaria: con il 26% finisci in un cul de sac. Bisogna arrestare la corsa verso il bipartitismo, tornare a costruire alleanze".

Eppure nel 2008 nessuno si oppose alla corsa da soli...

"Quando mi sono candidato alle primarie nel mio programma c’erano cose diverse, come la legge alla tedesca. Sono coerente con quella impostazione".

Ancora convinto del sistema tedesco? Non si torna alla prima repubblica?

"Non ci sono questi rischi. Ci sono due grandi partiti-perno, e l’opinione pubblica è matura. Non si andrebbe alle elezioni con le mani libere".

Quali alleati per il Pd?

"Bisogna verificare realtà per realtà come avvicinarsi alle regionali. In Puglia ha funzionato con Udc e Idv insieme, ma a livello nazionale non ci può essere dialogo con chi sta all’opposizione di Napolitano".

Il Pd ha fatto poca opposizione?

"No, è stata giusta e utile. Su questo non ho mai criticato Veltroni e Franceschini. Di Walter ho apprezzato soprattutto il tentativo coraggioso e rischioso di costruire un partito post berlusconiano, lontano dai toni alla Di Pietro".

La sinistra sarà vostro alleato?

"Si dialoga solo con chi ha l’ambizione di governare".

E l’Udc? Non è molto popolare nel popolo Pd, soprattutto Cuffaro...

"Sono stato criticato per aver sostenuto che si torna a governare solo con l’Udc. Ma le amministrative ci dicono che, oltre alle nostre roccaforti, si è vinto in Puglia, Piemonte, e Trentino, dove eravamo alleati con l’Udc. Se vogliamo fare i puri rischiamo di fare testimonianza".

E Cuffaro?

"Non si può ridurre l’Udc al solo problema Cuffaro, che pure esiste".

Se vincerete voi le primarie per il leader non si faranno più?

"Si aprirà un dialogo per cambiare lo statuto insieme, nessuna riforma a maggioranza. Mettere in discussione le primarie non è il primo problema, anzi sono talmente a favore che le propongo anche per i parlamentari che non devono più essere nominati".

Bersani dice "sinistra", Rutelli inorridisce. E lei?

"Noi siamo i democratici: se fossimo solo di centro o solo di sinistra non andrebbe bene. Dobbiamo guardare agli elettori moderati, quel ceto medio che non insegue il populismo: insegnanti, piccoli imprenditori, funzionari pubblici. Prodi ha vinto due volte perché ha evocato il buon senso e il ceto medio si è fidato".

Siete la mozione che "recupera" il prodismo?

"È fondamentale recuperare la storia dell’Ulivo e ciò che di bello e buono ha fatto e rappresentato Prodi. Le forme e i modi di un nuovo impegno le deciderà lui, ma non cercherò di tirarlo in mezzo nella discussione congressuale".

Diritti delle coppie di fatto, anche omosessuali?

"Sbagliato infilarsi in discussioni ideologiche come accadde con i Dico, preferisco i risultati concreti, per estendere, per esempio, a tutti i diritti dei parlamentari, come assistenza sanitaria e reversibilità della pensione per i conviventi, anche omosessuali. Ma il matrimonio è un’altra cosa".

Marino dice: lasciamo fuori che è contro i diritti come la Binetti...

"Discussione penosa, non stiamo giocando con le figurine. Voglio un Pd che tenga conto dei dubbi di tanti sui temi etici, che discuta e decida, senza cacciare nessuno. Laicità vuol dire soprattutto rispetto".

Lei è stato per anni il simbolo delle nuove generazioni. Cosa pensa del fenomeno Serracchiani?

"Il rinnovamento prevede anche delle ingenuità, ma non si possono colpevolizzare le persone al primo errore. Il nostro problema non è certo il troppo rinnovamento...".

22 luglio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-07-22

Dopo il no a Grillo il caso tessere gonfiate: Pd nel caos

di Emilia Patta

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14 luglio 2009

"Dai nostri archivi"

Le promesse di Franceschini in cinque parole chiave

D'Alema: "Berlusconismo in fase estrema e di declino"

Bersani: "Per la scelta del segretario sovranità agli iscritti"

Referendum: come cambierebbe il sistema elettorale

ANALISI / L'accordo di Governo sancisce la fine del partito laburista

 

Archiviata con un sonoro "no" a colpi di articoli dello statuto la questione della candidatura del comico genovese Beppe Grillo alla guida del Pd (anche se lui giura che andrà avanti), in casa democratica scoppia la grana del tesseramento. Con l'accusa dell'outsider Ignazio Marino - terzo candidato dalla veste "laica" nella corsa tra l'attuale segretario Dario Franceschini (ex ppi) e lo sfidante Pierluigi Bersani (ex ds) - di numeri gonfiati a Napoli. Seimila tessere in un pomeriggio. "Tra qualche giorno a Napoli avremo più tesserati che elettori. Quantomeno bizzarro", ironizza Marino. Secca la replica di Bersani: "Fiducia totale nel lavoro di Enrico Morando (il commissario del partito a Napoli)".

Dalla confusione al caos, verrebbe da dire. Anche se in molti vedono nell'affaire Grillo un'occasione per rivitalizzare il dibattito politico e trovare finalmente, sia pure per antitesi, quell'identità precisa che finora al Pd è mancata. Resta l'impressione di un partito paralizzato nel dibattito precongressuale e lontano dall'essere una seria alternativa di governo proprio nel momento in cui il premier - scivolate nelle pagine interne dei giornali le notizie su festini privati ed escort varie - sembra godere di quello che è stato ribattezzato il novello spirito dell'Aquila. Alludendo naturalmente al soddisfacente esito del G-8 presieduto dal nostro Paese nella città abbruzzese colpito dal terremoto.

Un dibattito precongressuale, quello del Pd, in cui si fatica per altro a trovare una netta linea divisoria tra i due candidati più forti. Se è chiaro chi appoggia Franceschini e chi Bersani, è meno chiaro quali siano le idee e le differenze tra i due su temi come welfare, pensioni e modello di sviluppo.

"Il partito democratico versa in una deriva confusa e inconcludente", chiosa il quotidiano dei vescovi l'Avvenire alludendo all'"opa" lanciata da Grillo sul partito. Il rischio è appunto questo: che la confusione prenda il sopravvento sui temi politici veri. Non a caso un vecchio popolare come Franco Marini si mostra preoccupato: "Il problema non è Grillo, che è un politico serio. Il suo è uno sberleffo, ci dà una scrollata. il problema vero è l'immagine rovinata del partito che mette il palio al "gratta e vinci" la carica di segretario".

14 luglio 2009

 

 

D'Alema: "Berlusconismo in fase estrema e di declino"

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3 luglio 2009

Massimo D'Alema (Infophoto)

"Dai nostri archivi"

Le promesse di Franceschini in cinque parole chiave

Dopo il no a Grillo il caso tessere gonfiate: Pd nel caos

Bersani: "Per la scelta del segretario sovranità agli iscritti"

Referendum: come cambierebbe il sistema elettorale

ANALISI / L'accordo di Governo sancisce la fine del partito laburista

 

Obiettivo del Pd non deve essere "solo l'alternativa a Berlusconi", ma "costruire una coalizione democratica in grado di affrontare questa fase estrema del berlusconismo che sarà anche l'apice del berlusconismo come massima espressione del suo potere personale". A dirlo è Massimo D'Alema parlando a un convegno del Centro riforma per lo Stato. Una fase, ha aggiunto, di declino che "è difficile che sia lineare".

È questo che intendeva, ha puntualizzato, quando ha parlato di scosse: "non era l'annuncio di eventi ma una semplice analisi politica".

Il leader Pd si è detto umiliato nel leggere la stampa straniera. E ha parlato di quella che ha definito "la fine del ciclo dell'egemonia liberista" che sembra dover "sfociare a sinistra in gran parte del mondo a partire dagli Usa, mentre invece in Europa sembra prevalere una risposta imperniata su una nuova destra populista e nazionalista". Qualcosa, ha aggiunto, "che ci ricorda quello che avvenne dopo la crisi del '29 con il New Deal da un lato e il nazionalismo dall'altro". "Il risultato - ha precisato - però è diverso: non voglio dire che siamo alle porte del nazismo ma molti ingredienti sono simili".

Il Partito democratico

L'ex premier ritiene che il Pd debba "andare a un congresso fondativo che liberi questo partito progettato su un modello di leaderismo plebiscitario". E ha criticato il fatto "che lo si riproponga ora". "Perseverare è diabolico - ha aggiunto - come se non fossimo passati per due disastrose sconfitte elettorali". D'Alema ha attaccato il fatto che queste sconfitte vengano addebitate "alla barbarie degli apparati". Perchè questo tipo di ragionamento, ha aggiunto, porta solo alla ricerca di "eliminare i cattivi" e così "si finisce male". Contrario alla vocazione maggioritaria che Walter Veltroni ha appena rilanciato D'Alema ha precisato: "non credo nel bipartitismo semplicemente perché non c'é nella realtà italiana".

Ma l'ex premier spera che il Pd "rinasca anche dandosi delle regole da partito". Perchè oggi, ha sottolineato, l'impianto del partito è "anti-politico" e leaderistico. "Il regolamento del congresso - ha attaccato - prevede che non si possa parlare di politica. Se ne può parlare solo in quanto sostenitori di un candidato. Se c'è un poveretto iscritto al Pd e che non sostiene uno dei candidati non può farlo.

Sulla riforma della legge elettorale Massimo D'Alema si è detto favorevole "a soluzioni miti, a un sistema con uno sbarramento ragionevole che porti a un pluralismo moderato corredato da cancellierato e sfiducia costruttiva per garantire stabilità". Tutto questo anche in una chiave di "rafforzamento di una idea di neo-parlamentarismo" che possa portare a "uscire dalla logica mostruosa del leader padrone del partito, del governo, del Parlamento".

3 luglio 2009

 

 

 

 

Bersani: "Per la scelta del segretario sovranità agli iscritti"

1 LUGLIO 2009

Pierluigi Bersani (ANSA / CLAUDIO ONORATI / DBA)

PILLOLA POLITICA / Il caso Serracchiani scopre il nervosismo precongressuale del Pd

"Dai nostri archivi"

Dopo il no a Grillo il caso tessere gonfiate: Pd nel caos

D'Alema: "Berlusconismo in fase estrema e di declino"

Gordon Brown: "Potrei mollare tutto"

Referendum: come cambierebbe il sistema elettorale

Pdl in tensione tra congresso ed elezioni di giugno

"Il candidato di nessuno che pensa che c'è bisogno di tutti". Così si sente Pier Luigi Bersani impegnato nella corsa per la guida del Pd.

L'ex ministro ha presentato il suo programma e ha ribadito le richieste di revisione dello statuto: la "sovranità" deve tornare agli iscritti, con le primarie utilizzate solo per scegliere i candidati alle cariche istituzionali. La prima istanza di Bersani sulle regole è dunque quella di riportare l'elezione del segretario in congresso, ma l'ex ministro vuole modificare anche le norme sull'automatismo tra partito e governo. No perciò alla regola che identifica nel segretario il candidato premier.

All'ex ministro non piace la vocazione maggioritaria del Pd, così come l'aveva intesa Veltroni. Perchè "da soli non si può fare nulla", sottolinea Bersani che identifica la vocazione maggioritaria del partito nella "predisposizione ad aggregare". Le alleanze, dice deriveranno "da un percorso politico e programmatico" e su questo è pronto a seguire la strada già tracciata da Romano Prodi "colui che ha saputo sfondare il campo altrui". Perciò già per le prossime elezioni regionali prospetta la sperimentazione di "larghi schieramenti di centrosinistra contro la destra".

Bersani suggerisce poi di bandire quelle che definisce le "categorie inafferrabili", come "vecchio o nuovo, giovane o vecchio, con la cravatta o senza cravatta". Se impostiamo il dibattito su questo, sottolinea "l'Italia volterà la faccia dall'altra parte e noi forse perderemo anche il partito".

Il progetto politico del Pd? "Ha bisogno di forti correzioni" secondo l'ex ministro. "Non si dica - chiarisce - che i problemi che abbiamo nascono dal tradimento del progetto originario; nascono piuttosto da non aver messo il progetto su basi culturali solide. Ed è quello che io voglio fare".

Bersani risponde a quanti gli rimproverano la "patina di grigio": "da quando iniziai, tanti anni fa, ogni volta che ho ricoperto un posto di responsabilità mi sono preso la briga di cambiare qualcosa. Non ho mai lasciato le cose come le ho trovate". Perciò, sottolinea "se di innovazione vogliamo parlarne a chiacchiere io non voglio partecipare. Se ne parliamo con i fatti, credo di avere qualcosa da dire".

Nel dibattito pre-congressuale nel Pd è scoppiato il caso Serracchiani. La neo deputata europea è stata duramente criticata da diversi esponenti del suo partito per l'intervista a Repubblica, nella quale spiega che non si candiderà, che sosterrà Dario Franceschini

(che le piace "perchè è simpatico") contro Pier Luigi Bersani che rappresenta l'apparato. Molte le reazioni dei suoi fan su facebook che fanno quadrato contro quello che definiscono un attacco "da parte dei vecchi" del partito.

1 LUGLIO 2009

 

 

 

 

 

 

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